Una Nuova Era
Una nuova saga, una nuova generazione, una nuova era per il genere robotico!

SaotomeMondo

Capitolo 31

Lo Star Cloud procedeva nello spazio a velocità fotonica. Ormai erano già a metà strada dalla nebulosa di Vega. Hanuman monitorava costantemente le condizioni di Hikaru dentro l’abitacolo. Si teneva in contatto con lei attraverso un sistema di comunicazione impiantato nel suo corpo cibernetico. Ormai era passata una settimana. Fino ad allora Hikaru aveva retto bene all’enorme sforzo richiesto per un viaggio a velocità fotonica, ma ora, la ragazza cominciava a sentire tutta la fatica. Hanuman si accorse che il suo respiro, dentro l’abitacolo, era diventato affannoso. Inoltre, nutrirsi continuamente con le pasticche spaziali doveva avere debilitato il suo corpo. Era assolutamente necessaria una sosta. Hanuman fece uscire lo Star Cloud dalla navigazione a velocità fotonica, riprendendo la normale navigazione spaziale. Hikaru, nel piccolo abitacolo si accorse che la velocità era tornata normale. Poi lo Star Cloud si fermò. Erano in prossimità di un pianeta molto simile alla Terra. “Che succede? Perché ci siamo fermati?” chiese Hikaru. “Dobbiamo fermarci. Devi riposare. Per quanto tu sia allenata, non sei in grado di resistere a lungo alla velocità fotonica. Siamo arrivati fin qui, ma ora il tuo corpo non ce la fa più.” Rispose il cyborg. “Ma no, sto benissimo. Possiamo continuare tranquillamente.” Rispose la ragazza, ansimando. “Non sei una cyborg, come me. Sei umana. Hai bisogno di un pasto vero e di riposo. Non vedi che quasi non riesci piu a respirare? Inoltre, le riserve di ossigeno dello Star Cloud stanno per esaurirsi. Devo ricaricarle. Dobbiamo fermarci per forza.” Hanuman fece una pausa, poi indicò il pianeta vicino. “Guarda là. Quello è il pianeta Altea. La sua conformazione è simile a quella terrestre, e la civiltà che vi regna, nonostante sia avanzata tecnologicamente, vive ancora con regole e principi del medioevo terrestre. Questo perché la tecnologia è stata fornita loro da una popolazione aliena, turbando il naturale equilibrio evolutivo di quella civiltà. Ci fermeremo li per il tempo necessario a te per riposare e per ricaricare i contenitori di ossigeno.” Hikaru non sembrava entusiasta all’idea, ma capì che probabilmente Hanuman aveva ragione. Annuì. Un cenno di approvazione. Il cyborg fece voltare lo Star Cloud in direzione di Altea.

Il piccolo velivolo atterrò in un bosco, poco lontano da quella che sembrava una città. Come le antiche città medievali terrestri, era circondata da alte mura. Due guardie si ergevano di fronte al cancello d’ingresso, brandendo due lunghe armi che all’apparenza sembravano lance. Ad un osservatore attento non sarebbe sfuggito che in realtà quelle lance erano in grado di emettere dei raggi laser. Hanuman si spogliò dell’armatura, e vestì degli abiti che su quel pianeta potevano essere considerati civili: un paio di lunghi pantaloni, una camicia rossa ed un gilet nero. Hikaru dovette vestire una gonna lunga, ma a parte questo, gli abiti che indossava erano quelli soliti che indossava sulla Terra. I due si avvicinarono al cancello. Le guardie, che indossavano quello che sembrava uno strano corpetto di cuoio e un elmetto, sbarrarono loro il passo incrociando le lance. Hanuman esibì il suo stemma. Quello stemma, il simbolo di Luda, era conosciuto in tutto il cosmo, e non vi erano porte che non potesse aprire. I guardiani alzarono le lance, facendo passare i due. La piazza della città era gremita. Quello era giorno di mercato. Bancarelle di tutte le fogge e con tutti i tipi di merci erano ben sistemate sulla piazza, mentre la numerosa folla curiosava, facendo un gran baccano, e mercanteggiava gli acquisti. Hanuman e Hikaru passarono oltre il mercato. Quello che a loro interessava era trovare da mangiare e da dormire. Hanuman sapeva bene dove dirigersi. I due presero una delle vie che partivano dalla piazza, e dopo aver percorso alcune decine di metri giunsero presso un edificio che esponeva un’insegna con sopra dipinto uno strano incrocio tra un maiale ed un porcospino. Hanuman e Hikaru entrarono nella locanda. Tutt’intorno a loro, la gente era intenta a mangiare e a far chiasso. Ad un tavolo, alcuni clienti stavano cercando di molestare una ragazzina grassoccia, probabilmente la cameriera, mentre a un altro tavolo, una coppia era intenta a scambiarsi effusioni. Ad un altro tavolo ancora, un gruppo di quattro uomini era intento in un gioco con delle carte, mentre al tavolo più a fondo un enorme omaccione sedeva addormentato, probabilmente in preda ai fumi dell’alcool. Hikaru si spaventò. Non sembrava davvero un posto rassicurante. Hanuman la tranquillizzò: “Non ti preoccupare. Se ci facciamo gli affari nostri non ci succederà nulla.” Un uomo piuttosto grasso, sulla cinquantina, con due enormi baffi sotto al naso, e con la camicia unta e bisunta, si fece loro incontro. L’oste. “Un tavolo per due, signori?” disse, con aria da imbonitore. “Si.” Rispose Hanuman deciso. “E anche una stanza per dormire questa notte.” “Come il giovin signore comanda.” Disse, con un tono servizievole sempre piu ostentato. Poi, si avvicinò all’orecchio del cyborg e disse: “Stanotte il giovin signore avrà di che divertirsi vero? La donzella sembra un bocconcino davvero prelibato.” Hanuman rivolse all’oste uno sguardo che avrebbe fulminato chiunque, così questi decise che non era il caso di insistere oltre. “He-hem….bene. Avrete a disposizione una delle nostre camere migliori. Sempre che, naturalmente….possiate pagarla.” Hanuman tirò fuori dalla tasca dei pantaloni alcune monete d’oro che fece vedere all’oste. “Bastano?” chiese. Gli occhi del grasso locandiere brillarono per la cupidigia. “Oh siii….” Stava per afferare le monete, ma Hanuman ritrasse la mano. “Domani mattina verrete pagato, non dubitate. Ora serviteci da mangiare.” Hanuman e Hikaru si sedettero ad un tavolo all’angolo di una delle pareti, quasi in fondo alla sala. Così non avrebbero dato nell’occhio. Poco dopo, la ragazza grassoccia che era stata molestata prima portò due piatti di quella che sembrava la zampa di un qualche volatile arrosta e affogata in una specie di salsa. In un piatto a parte portò del pane già affettato. “Buon appetito, signori.” Disse la ragazza con voce squillante. Hikaru guardò nel piatto. La zampa del volatile aveva un aspetto davvero invitante e dall’odore che emanava sembrava squisuta. Ma sulla tavola non vi erano forchette ne coltelli. Si rivolse ad Hanuman: “Ehm….come faccio a mangiare senza forchetta e coltello?” Hanuman ridacchiò, divertito. “Ma qui non si usano forchetta e coltello. Si mangia con le mani. Guarda.” Il cyborg spezzò un pezzo di pane, e lo intinse nella salsa, tirandone su un abbondante manciata. Poi, stando attento a non macchiarsi, porto il boccone alle labbra e lo mangiò. Poi spezzo in due la “coscia” e addentò il pezzo più corto. Hikaru non fece ulteriori complimenti. Era un modo di mangiare un po’ barbaro, ma tutto sommato era piacevole. La ragazza mangiò tutto con gusto. Era da parecchio che non faceva un vero pasto. La cameriera accorse con una bottiglia di vetro e dei bicchieri che sistemò sul tavolo. Poi tornò al bancone e portò una brocca d’acqua. Hanuman versò a Hikaru un dito di vino nel bicchiere. “Ti consiglio di annacquarlo. Il vino qui è molto forte. Ti andrebbe subito in testa.” Hikaru seguì il consiglio di Hanuman. Riempì il resto del bicchiere con dell’acqua e bevve, sorseggiando pian piano. “E’ buono.” Fu il suo commento. Per terminare degnamente il pasto, la ragazza grassoccia porto sul tavolo un dolce alla frutta, ed una bevanda scura che sembrava caffè. “Bevine tranquillamente.” Disse Hanuman. “E’ una bevanda ricavata da una pianta molto simile al caffè terrestre.” Hikaru non se lo fece ripetere. Mangiò il dolce e bevve il caffè, con gusto. Ora era veramente sazia. Hanuman stava ancora mangiando la sua parte di dolce. Hikaru lo osservò meglio. Sotto quella pettinatura scimmiesca, sembrava davvero un bel tipo. Le venne la curiosità di sapere di più, sul suo accompagnatore. “Hanuman…” si rivolse a lui guardandolo negli occhi “Come mai hai deciso di diventare un cyborg?” Hanuman la guardò, stupito. Quanto tempo era passato da quando qualcuno si era interessato ad un guerriero cyborg come lui? Forse, l’ultima persona era stata proprio Luda. Sorrise. “Beh….sono diventato un cyborg, perché speravo di avere un ruolo importante nella vita del mio pianeta, Gaia. Ero nato povero, e vissuto ai margini fino ai 18 anni. Poi, arrivò quella che credevo la mia occasione di riscatto. La possibilità di diventare un cyborg. Mi sottoposi ad allenamenti durissimi e a prove fisiche terrificanti, per poter superare tutti gli esami ed essere ritenuto idoneo. Subii finalmente l’operazione, per mano di un brillante scienziato di nome Dott. Dodge. Ero finalmente diventato un cyborg. Potevo finalmente riscattare il mio passato di povertà, ma…..” il volto del cyborg si velò di tristezza. Hikaru gli sorrise: “Ma?” “Il primo incarico che ricevetti fu di custodire e tenere in ordine un deposito di missili. Un compito importante, pensavo. Ce la misi davvero tutta per fare il mio lavoro, non risparmiandomi in nulla. Un giorno un gruppo di scienziati neo laureati venne in visita al deposito. Mi presero in giro. Quei missili erano in quel deposito da almeno un centinaio di anni, ed oramai non sarebbero più serviti a nessuno.” Hanuman fece una pausa, poi continuò. “Puoi immaginarti la mia rabbia. Distrussi tutto. Tutto quanto. Di quel magazzino non rimase piu nemmeno una briciola. Mi scatenai, combinando danni su danni alle strutture del pianeta, tanto che la gente cominciò a chiamarmi ‘il cyborg pazzo’. Alla fine, per vendicarmi di tutto e di tutti, decisi di distruggere la diga principale di una delle maggiori città di Gaia. Fui fermato da una scienziata di nome Kitty. Fui rinchiuso in una specie di cupola d’energia dove non ero in grado di fare danni. La dottoressa Kitty mi offrì l’astrobastone ed un velivolo. Fuori dal sistema di Gaia era pieno di mostri con cui potevo scontrarmi e sfogare la mia rabbia, senza causare danni alla popolazione.” Hanuman fece di nuovo una pausa, sospirando. “Accettai. Vagai a lungo per tutte le galassie, combattendo ogni sorta di creature, finché non fui circondato da un esercito di mostri galattici e quasi ucciso.” Hikaru lo interruppe: “E fu a quel punto che incontrasti Pegas Fleed, vero?” “Già. Pegas Fleed mi trasse in salvo, mi donò un nuovo veicolo, molto piu veloce del precedente, e sostituì la mia vecchia armatura con quella che attualmente indosso. Insieme abbiamo combattuto contro l’esercito di mostri galattici che minacciava Fleed. Poi, sono stato richiamato su Gaia, dalla dottoressa Kitty. Dovevo svolgere un compito importante. Accompagnare Luda al centro dell’universo, per ripristinare l’energia cosmica.” Hanuman fece di nuovo una pausa. “All’inizio non volevo farlo ma….poi….” “Poi?” Chiese Hikaru, sempre più interessata. Hanuman arrossì. “Beh...Era un viaggio davvero lungo e pieno di pericoli. E la principessa sembrava così indifesa….Ho deciso di accompagnarla, e durante il viaggio ho conosciuto anche due compagni, anche loro cyborg, che si sono uniti a noi….Insieme abbiamo condiviso tutto: le tristezze, le gioie, i pericoli, le battaglie…Infine siamo arrivati al centro dell’Uiverso, e Luda ha preso il suo posto di regina….Ma questo…è successo tanto tempo fa.” “E…Luda…è ancora viva?” chiese Hikaru. “Siede al centro dell’universo e regola il flusso dell’energia cosmica….” Rispose Hanuman. Hikaru lo guardò dritto negli occhi: “Hanuman, tu ami Luda, vero?” Il cyborg la guardò e sorrise. Un sorriso che esprimeva un’infinita tristezza. “Io sono un cyborg e un guerriero. Non saprei proprio amare una donna. E soprattutto…non una donna come Luda.” Un pesante silenzio cadde tra i due giovani. Hikaru si rese conto di aver evocato ad Hanuman dei tristi ricordi. Ma il cyborg era stato gentile e ne aveva parlato con lei. Si era confidato. In fondo erano simili, loro due. Forse sarà stato l’effetto del vino, o forse ancora il lungo viaggio che stavano facendo insieme. Ad ogni modo Hikaru si sentì in dovere di ricambiare la cortesia di Hanuman raccontando qualcosa di se. Cominciò a parlare. “Ho conosciuto Daisuke…Duke Fleed…circa quattro anni fa. Allora era ancora in corso la guerra tra la Fortezza delle Scienze e l’Impero di Micene. Ma la guerra non era mai arrivata fino alle campagne. Gli attacchi dei mostri guerrieri si concentravano sulle città. E il Great Mazinger era il nostro baluardo. Un giorno, il dottor Umon, il direttore del Centro per le Ricerche Spaziali e co-proprietario della fattoria, venne a trovarci. Era accompagnato da un giovane. Ce lo presentò come suo figlio Daisuke, da poco ritornato da un lungo viaggio all’estero. Mi piacque subito. Era davvero un bel ragazzo. Ma anche molto introverso. Lui, contrariamente al padre, non si interessava all’astronomia, allo studio delle stelle. Preferiva lavorare con noi, alla fattoria. Era sempre gentile con tutti, e soprattutto con gli animali. L’amore per essi traspariva da ogni suo gesto. Ho tentato più volte di parlare con lui, di conoscerlo meglio. Ma lui non si è mai aperto. E nel suo sguardo….c’era sempre quell’aria di….tristezza, come se avesse subito una grave perdita.” Hikaru fece una pausa. “Poi, circa un anno dopo la fine della guerra coi Micenei, arrivò alla nostra fattoria Koji Kabuto, per collaborare con il dottor Umon. Da quel momento, Daisuke divenne ancora più chiuso in se stesso. Quando era alla fattoria, quasi mi ignorava. Si occupava solo degli animali. E ogni tanto, spariva. E non si sapeva dove andava.” Hikaru fece un’altra pausa. “Un giorno, mio padre si fece male inseguendo un cavallo piuttosto irrequieto. E proprio mentre Daisuke non c’era. Gli chiesi spiegazioni, ma lui non volle darmene. ‘Non posso spiegarti’ mi disse. Io mi arrabbiai….lo trascinai in una folle corsa a cavallo, su per i sentieri piu ripidi della montagna, con la scusa di cercare il cavallo fuggito. Gli chiesi ancora spiegazioni. Lui si ostinò a non darmene. Piena di rabbia, spronai il cavallo che stavo montando a correre, ma persi l’equilibrio e caddi nel burrone.” Hikaru fece di nuovo una pausa. Di quei ricordi si vergognava. “Per salvarmi, Daisuke fu costretto a trasformarsi e a rivelare la sua vera identità: Duke Fleed, principe del pianeta Fleed, scampato alla distruzione del suo pianeta con il robot Grendizer. E così finalmente seppi, che la Terra era di nuovo minacciata da un esercito di invasori spaziali provenienti dalla stella Vega, e che proprio lui, Daisuke, combatteva per proteggerci.” Hikaru si fermò di nuovo. Sorrise. “Ti puoi immaginare cosa ho provato in quel momento. Il mio amore per lui divenne ancora piu forte. Volli combattere al suo fianco, condividere con lui almeno parte del peso che lo opprimeva. Koji, naturalmente, sapeva tutto. Fu proprio lui, assieme al dottor Umon, a progettare il primo velivolo di supporto per Grendizer: il Double Spacer. Volevo combattere al fianco di Daisuke, così chiesi a Koji di allenarmi, in segreto ad eseguire la manovra di agganciamento col Double Spacer. E quando Koji fu ferito in una battaglia, fui io ad effettuare la manovra di aggancio. Ma questo ancora non bastava. Daisuke non mi voleva al suo fianco. Nonostante i duri allenamenti che facevo. Alla fine dovette accettarmi come pilota del Marin Spacer. Abbiamo combattuto insieme e condiviso tutto, noi quattro (nel frattempo era entrata in squadra anche sua sorella Maria). Ma, a quanto pare, ancora non era sufficiente. Lui….non ha mai contraccambiato i miei sentimenti….” Hanuman la guardò, serio. “Sei sicura di quello che dici Hikaru?” La ragazza si accorse di avere quasi le lacrime agli occhi. Stava per piangere. “Non lo so. Non lo so. Immagino che provasse dell’affetto per me, ma non mi ha mai dichiarato apertamente i suoi sentimenti, benché io l’abbia fatto. Ho sempre invidiato Koji e Maria, perché nonostante i loro continui battibecchi, era chiaro come il sole che si volevano bene. E non avevano difficoltà ad esprimerlo. E poi, finita la guerra, Daisuke è tornato su Fleed….” Hanuman tentò di rincuorarla: “Ascolta, Hikaru. Prova a immaginare un attimo come si sentisse Duke Fleed in quei momenti. Probabilmente aveva paura che sarebbe morto in battaglia, prima o poi. E proprio per questo non ha voluto legarsi a te. Perché probabilmente non voleva che tu soffrissi della sua morte. Ma lui ti vuole bene.” Hanuman fece una pausa. “Come ti ho detto, io sono un guerriero e un cyborg. D’amore ci capisco poco o niente. Però l’espressione di Duke Fleed quando abbiamo trovato quella foto era inequivocabile. Era l’espressione di chi vuole rivedere la persona amata. Lui ti vuole bene, Hikaru. Puoi credermi. E ora che la guerra è finita, potrà dirtelo apertamente.” Hanuman sorrise alla ragazza. “Del resto, è per questo che hai voluto fare questo viaggio con me, no? Non credo che avresti rischiato tanto se non fossi stata piu che sicura dei sentimenti di Daisuke, vero?” Hikaru annuì. Hanuman le sorrise. “Brava. Ora forza, andiamo a riposare. Domani mattina dobbiamo ripartire. E dobbiamo anche farlo presto.” L’oste accompagnò Hanuman e Hikaru al piano superiore e mostrò loro la stanza. Era un alloggio spartano, ma pulito. Un enorme letto matrimoniale troneggiava dalla parete piu larga, mentre una scrivania con una sedia erano appoggiati sotto la finestra. Hanuman pagò l’oste e lo congedò poi chiuse a chiave la porta. Hikaru si guardò intorno. La stanza era dotata di bagno con acqua corrente e luce elettrica. Hikaru se ne stupì. “Te l’avevo detto che qui c’è della tecnologia.” Le disse Hanuman sorridendo. “Anche se usi e costumi sono ancora da medioevo, lo standard di vita è più o meno come quello terrestre. Quindi, ci sono corrente elettrica ed acqua. E le condizioni igieniche sono discrete.” “Vedo” disse Hikaru. Decise di prendere un bagno. Dopo essersi lavata con la doccia, si immerse nella vasca e vi rimase a lungo. Dopo una settimana di viaggio le sembrò un vero toccasana. Quando ne uscì, Hanuman, seduto alla sedia della scrivania, le disse di usare tranquillamente il letto. “Ma….e tu? Come dormirai?” chiese la ragazza. Hanuman le sorrise. “Io sono un cyborg, e posso dormire anche così. Non ho bisogno del letto.” Hikaru si infilò sotto le coperte, e spense la luce. Si addormentò profondamente, mentre Hanuman vigilava su di lei.

Capitolo 32

“Hanuman….Hanuman….” A chiamarlo era una voce…una voce di donna. Hanuman tentò di mettere a fuoco. Era una voce conosciuta. Una voce che aveva già sentito. Ma dove? E Quando? Una voce che, in un lontano passato, aveva suscitato in lui dei sentimenti….delle emozioni….ma quali? Hanuman si sforzò per ricordarlo. Ma la testa….gli faceva malissimo. Sembrava come se un martello si fosse infilato nel suo cervello e continuasse a battere incessantemente. Poi, finalmente, riuscì ad associare un volto a quella voce. Una donna dai capelli corvini. E quei suoi occhi….che lo guardavano fisso….con un’aria che Hanuman non riusciva ad interpretare…Ma chi era quella donna? Lo scenario cambiò. Ora Hanuman si trovava su un prato, pieno di magnifici fiori. Brandiva il suo astrobastone. Davanti a lui, un nuovo avversario, pronto ad un duello. La stessa donna. Vestita nella sua uniforme bianca da cavaliere dello spazio, con la tipica stella a quattro punte sul petto di un colore azzurro acceso. Brandiva una sciabola. Una misera sciabola contro il suo astrobastone. Improvvisamente la sciabola si illuminò di una luce giallastra. Una sciabola elettromagnetica. La donna vibrò un fendente in aria, come a dimostrare che era pronta per il combattimento. Solo vedendone la figura intera, Hanuman la riconobbe. “Velamis!” esclamò. Velamis, la donna cyborg. Era stata un degno avversario. Dapprima come semplice guerriero, poi come capitano delle guardie della Regina Rasetsu, uno degli ultimi grandi ostacoli prima di arrivare al centro dell’Universo. La regina Rasetsu era una donna infida e ambiziosa, che non guardava in faccia nessuno per raggiungere i suoi scopi. Ma Velamis no. Aveva sempre combattuto a viso aperto. Hanuman si rivide combattere contro Velamis, nell’ultima battaglia contro le truppe di Rasetsu. E poi, di nuovo qualche giorno dopo. Mentre tendeva la mano a Velamis, invitandola ad unirsi a loro nell’ultimo tratto del loro viaggio. Offerta che la cyborg aveva accettato. E poi, ancora, mentre a bordo dell’astronave Cosmo Queen, lo guardava mentre lui si preparava ad una sortita con lo Star Cloud. Gli occhi con cui lo aveva guardato in quell’occasione non erano quelli di un guerriero o di un compagno di battglia. Erano occhi di donna. Preoccupati per qualcuno a cui teneva, forse amava. E infine l’ultima scena. Il sacrificio di Velamis contro un mostro sensibile all’elettromagnetismo, gli ultimi istanti della sua vita, tra le braccia di Hanuman, l’unica e ultima carezza che gli aveva fatto alla guancia prima di spirare. Un ricordo doloroso, per Hanuman. Il ricordo di quello che avrebbe potuto essere e non c’era mai stato. E poi, il dolore per la perdita. Un dolore che era durato pochissimo. Giusto il tempo di un ultimo saluto, prima che il corpo di Velamis fosse lasciato alla deriva nello spazio. Le lacrime. Da quanto non aveva pianto la perdita di qualcuno? Non c’era stato altro tempo all’infuori di quei pochi minuti. Il viaggio doveva continuare. C’era una missione da compiere. Altre creature contro cui lottare. I sentimenti personali non potevano trovare spazio, nel cuore di Hanuman. Poi, dopo l’insediamento di Luda, i tre compagni si erano separati. Degli altri due, Zhuwuneng e Shawujing, ormai non sapeva più nulla. A fianco di Luda era rimasto solo lui, Hanuman, il cyborg folle, il guerriero. Aveva deciso di esserne l’agente, di farsi suo portavoce, di lottare per i deboli e gli oppressi, di mantenere la pace nell’Universo. Aveva lasciato il centro dell’Universo, il Daiousei, e aveva continuato a vagare e a combattere per decenni. Sempre e costantemente in contatto telepatico con Luda, attraverso la coroncina d’oro con cui lei gli aveva cinto la testa, per domare il suo carattere irruento. E ora si riaffacciava, così prepotente, il ricordo di Velamis. Poi tutto, intorno ad Hanuman, si fece buio. Oscurità, nulla. E davanti a lui, solo la figura della donna cyborg, vestita ancora nel suo abito bianco di cavaliere dello spazio. Velamis lo guardò, sorridendogli. Un sorriso dolcissimo che Hanuman non aveva mai visto sul volto della donna, ne quando era stata sua avversaria, né quando era stata sua compagna. E finalmente, Velamis parlò. “Hanuman checosa vai cercando? Cosa ti spinge a vagabondare ancora di galassia in galassia? Non hai già trovato quello che il tuo cuore sofferente anela? Per quanto ancora vuoi fuggire dal tuo cuore? Pensi che il tuo corpo indistruttibile e la tua forza ti possano proteggere dall'immensa tristezza che attanaglia il tuo cuore umano? O vuoi rinunciare anche a quello e diventare solo una macchina da guerra come il tuo invincibile astrobastone? Non è forse per la dolce Luda che hai fatto quel viaggio massacrante? Non è per lei che hai combattuto? Per difenderla? Per proteggerla? Non è forse per lei che io sono morta? Per farti vivere? Non hai sacrificato ancora abbastanza alla tua sete di vendetta? O forse è solo perché ti senti in colpa della mia morte che non hai il coraggio di amare? Non ti senti degno? Hai veramente paura dei tuoi sentimenti per Luda? Il coraggioso ed invincibile Hanuman, il valoroso guerriero cyborg, è veramente terrorizzato dal suo tenero cuore umano? Oh povero mio Hanuman, così forte, ma così fragile. Perché vuoi ancora fuggire? Rendimi orgogliosa di te! Rendimi fiera di averti dato la mia vita perché tu sia felice con la donna che ami! Urlalo, Hanuman!! Dichiara il tuo amore all'universo! Fallo ora! E rendimi la libertà della pace. Lasciami andare! Lei ti ama come tu ami lei. L'ho capito dal suo sguardo, dalle preghiere che rivolgeva alle divinità perché tu potessi tornare sano e salvo, ogni volta che uscivi per affrontare un nuovo pericolo. Tu sei un cyborg, lei è umana.....ma ha importanza?” Con queste ultime parole, l’immagine di Velamis scomparve per lasciare posto all’oscurità. Hanuman era sempre più sconcertato. Si portò la mano destra agli occhi. Stava piangendo. Poi, una lucina rossa intermittente attirò la sua attenzione. Una scritta rossa si materializzò davanti a lui. ‘????????????? Hanuman aprì gli occhi. Urlò. Il mal di testa era atroce. Ma subito i sistemi interni del suo corpo meccanico compensarono quella disfunzione ossigenando il cervello ed inserendo endorfine nel sistema circolatorio. Ci vollero alcuni secondi perché Hanuman si riprendesse. Il sogno di poco prima era ancora vivo nella sua mente. “Velamis….” Chiamò sottovoce. Poi, si guardò intorno. Riconobbe la camera della locanda dove erano alloggiati lui e Hikaru. Chiamò la ragazza, ma non ottenne risposta. “Hikaru, ci sei?” chiamò ancora una volta pensando che la ragazza fosse in bagno. Ma la porta del bagno era spalancata. E una rapida occhiata all’anta dell’armadio rivelò che i vestiti di Hikaru erano ancora appesi al loro posto. Hikaru era scomparsa. Fu subito chiaro ad Hanuman che probabilmente era stata rapita. Ma da chi e perché? E soprattutto dove l’avevano portata? Hanuman esaminò attentamente la stanza, per capire cosa fosse successo. Per terra vi erano delle strane orme. Segni di zampe. Molto simili a quelle degli uccelli o dei rettili, ma decisamente non umane. E sullo stipite della porta della stanza, spalancata anch’essa, vi era ancora l’orma di una mano con tre dita artigliate. Inoltre, la serratura della porta non era stata forzata. E la porta non era stata sfondata. Non c’erano segni di effrazione. La porta era stata aperta con la chiave. E i rapitori di Hikaru avevano probabilmente usato uno storditore elettromagnetico per metterlo in condizioni di non reagire. Hanuman si precipitò al piano di sotto. Essendo mattina inoltrata, la locanda era ormai vuota. Gli avventori se ne erano andati tutti. Hanuman fece irruzione in cucina. “Dov’è? Dov’è il padrone di questo letamaio?” Rovesciò una grossa pentola contenete della zuppa con una mano sola. “Dov’è l’oste?” Dal magazzino dietro la cucina, si fece avanti l’oste baffuto che aveva accolto Hanuman e Hikaru il giorno prima. Hanuman lo fissò arrabbiato, poi lo prese per il colletto della camicia e, minacciandolo chiese: “Dov’è la ragazza?” L’oste assunse un’aria stupita. “La ragazza? Quale ragazza?” disse con la sua aria da imbonitore. “Il giovin signore ieri è arrivato qui da solo….ha chiesto da mangiare e da dormire….Non c’era proprio nessuna ragazza.” Hanuman lo sollevò da terra. “Mi prendi per stupido? Te lo chiederò ancora una volta soltanto. Dov’è la ragazza?” L’oste ancora una volta assunse un aria tra lo spaventato e lo stupito e rispose: “Ma davvero…non c’era nessuna ragazza con lei signore.” Hanuman scaraventò l’oste a terra. Poi, con movimenti rapidissimi, distrusse tutto quello che trovava davanti a se. Il contenuto dei pentoloni fu tutto rovesciato a terra, i pentoloni stessi vennero accartocciati e usati come palle contro la parete. Il bancale venne sollevato e scaraventato a terra, con tutte le suppellettili ancora nei vani. Le due cuoche, che stavano lavorando in cucina, nel vedere tutta quella distruzione se la diedero a gambe. Hanuman si rivolse di nuovo all’oste: “Hai ancora il coraggio di dire che con me non c’era nessuna ragazza?” gli chiese con tono infuriato. L’oste continuò a negare. Hanuman lo afferrò di nuovo per la camicia. Lo trascinò nella sala principale, dove c’erano i tavoli. Lo fece strisciare sopra al bancone per la mescita e poi lo scaraventò contro la vetrata. L’enorme finestra si ruppe in mille pezzi. L’oste rotolò fuori, in strada. Si era protetto la testa con le braccia carnose, per evitare di restare sfigurato. All’esterno si era già radunata una piccola folla di curiosi, attratta dai rumori che si sentivano dall’interno. Le botti di vino presenti al banco seguirono l’oste attraverso la vetrata, schiantandosi contro i muri delle altre case. Hanuman si affacciò da quella che ora era solo un grosso buco. Teneva una grossa botte sopra le sue spalle. “Quella no”….disse l’oste tenntando di fermarlo “E’ un vino molto pre…” L’oste non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che la botte si schiantò al suolo. Il vino colò nei tombini per lo smaltimento dell’acqua piovana. Hanuman si avvicinò ancora all’oste. “Allora?” gridò furioso. Stava per afferrarlo di nuovo. Ma questa volta una voce lo fermò. “Basta così Hanuman!” Era una voce profonda e quasi gutturale. Una voce che Hanuman conosceva benissimo, anche se non l’aveva sentita davvero da tanto tempo. Si voltò. Davanti a lui c’era un uomo piuttosto basso di statura e corpulento. Indossava una camicia verde a falde larghe, con le maniche arrotolate fino ai gomiti. I pantaloni, di color marrone scuro, sembrava che stessero per scoppiare da un momento all’altro, tanto gli erano stretti. Gli stivali neri, avevano i gambali arrotolati all’ingiù. I capelli erano tagliati corti, a spazzola. Il naso era un po’ a patata. Un omino che ai più sarebbe sembrato davvero buffo se non fosse stato per gli occhi dai quali traspariva una grande onestà e forza d’animo. La folla si scostò, rivolgendosi a lui con timore reverenziale ma anche con ammirazione. “Conestabile Fudo” mormorarono tutti. Conestabile Fudo? Si stupì Hanuman. Perché non era quello il nome con cui aveva conosciuto l’uomo che ora gli si parava davanti e che aveva gridato il suo nome. Quell’uomo altri non era che il suo vecchio compagno Zhuwuneng, il guerriero dei fanghi.

Capitolo 33

L’oste, non appena vide l’uomo che tutti chiamavano ‘conestabile Fudo’ con timore reverenziale, gli andò incontro, trascinandosi a quattro zampe e cercando di rialzarsi. “Conestabile, meno male che è arrivato lei. Questo pazzo mi ha distrutto la locanda. Come farò adesso?” Fudo lo guardò con aria severa. Poi lo chiamò per nome: “Daston!” Nel farlo, lo sollevo per il collo della camicia, fino a che gli occhi dei due uomini non furono alla stessa altezza. “Credi davvero che non sia al corrente di tutti i tuoi loschi traffici? Ringrazia il cielo che ora ho altro da fare qui. Ma uno di questi giorni…..” Fudo fece una pausa. Il suo volto si contrasse in una smorfia ancora più minacciosa. “Uno di questi giorno ti sbatterò in cella. E sarò io personalmente a buttare via la chiave, perché tu non ne esca più. Ci siamo capiti Daston?” Il volto di Daston si dipinse di terrore, mentre la folla intorno continuava a rumoreggiare. Fudo mollò la presa, e Daston cadde. Fudo alzò la mano indicando la locanda: “Ora corri a rimettere a posto il tuo porcile.” L’oste, si rialzò, e con una faccia che esprimeva ancora paura, ma anche sollievo per essersela cavata con poco, rientrò nella locanda. Fudo si rivolse alla folla. “Avanti, non c’è più niente da vedere. Forza. Tornate alle vostre occupazioni.” La folla si diradò mormorando. La popolazione scemò pian piano dal vicolo dove era situata la locanda. Fudo si girò, verso il suo vecchio amico e compagno di mille battaglie. Lo guardò severo. “Hanuman, vieni con me!” il suo tono non ammetteva repliche. Hanuman, ancora interdetto, esitò un attimo. “Wuneng….” Fudo lo interruppe. “Finché siamo in pubblico, preferirei che mi chiamassi ‘conestabile Fudo’, se non ti dispiace. Forza andiamo.” Hanuman seguì l’ometto fino alla grande piazza dove il giorno prima c’era stato il mercato. Con la piazza sgombera, si potevano vedere, ai lati, i portoni dei palazzi governativi e di polizia. Hanuman e Fudo oltrepassarono un grosso cancello di ferro rosso, entrando poi, nell’edificio della polizia. Si inoltrarono per i lunghi meandri dell’edificio, fino a raggiungere una porta con una targhetta dorata. La scritta recava la dicitura “Conestabile”. Era l’ufficio di Fudo. I due uomini vi entrarono e Fudo chiuse la porta. Indicò a Hanuman una poltrona davanti alla scrivania. “Forza siediti.” Hanuman obbedì. Fudo si sedette alla sua scrivania. La poltroncina era larga abbastanza da contenere la sua mole. Aprì un armadietto incastonato nella scrivania e ne estrasse una bottiglia di vetro color verde, e due tazze. Vi versò il contenuto della bottiglia, un liquido dal colore violaceo. “Bevi. E’ cioccolato. Se non sbaglio è la tua bevanda preferita, vero?” Hanuman prese in mano la tazza e sorseggio la bevanda che il suo vecchio compagno gli aveva offerto. Anche Fudo ne bevve un sorso. Si pulì la bocca con il dorso della mano destra, poi guardò Hanuman negli occhi. “Forza, dimmi tutto!” Hanuman guardò il vecchio compagno dritto negli occhi. “E’ presto detto. La ragazza che viaggiava con me è stata rapita. Da esseri non umani. E quell’oste della malora è stato complice del suo rapimento. La serratura non era forzata. Era stata aperta con la chiave.” “Uhm…” Fudo era alquanto perplesso. Poi si alzò dalla poltrona. “Qui anche i muri hanno orecchi.” Nel dire questo estrasse un piccolo oggetto nero che aveva trovato in frigorifero e lo mostrò a Hanuman. Era una piccola microspia. Fudo la disintegrò nel suo pugno, poi, rivolto a Hanuman: “Dobbiamo parlare. Al riparo da occhi e orecchi indiscreti. Vieni.” Hanuman sbottò, impaziente: “Parlare? Non c'è tempo di stare a parlare. Ma lo sai chi è quella ragazza? E'...." Fudo lo interruppe: “Calmati Hanuman. Ti ho gia detto che qui i muri hanno occhi e orecchi....Su, forza, vieni con me." Hanuman tentò ancora di obiettare: “Ma dobbiamo agire subito. Non possiamo perdere tempo in chichhiere.” Fudo sospirò, rassegnato. Hanuman non era cambiato affatto, in tutti quegli anni. Era sempre il solito ostinato, impulsivo ed impaziente Hanuman. Ma tutto sommato era contento che il vecchio compagno non fosse cambiato. Lo guardò negli occhi, con sguardo greve: “Lo so. Per questo ti dico di venire con me.” I due uscirono dall’ufficio di Fudo. Percorsero nuovamente dei lunghi corridoi, fino ad arrivare sul retro dell’edificio. Il maneggio. Degli animali simili a cavalli erano sistemati nelle stalle pronti per essere sellati e cavalcati. Fudo afferrò due selle. Controllò che fosse tutto a posto. Poi si diresse verso la stalla numero 5. Il ‘cavallo’, un magnifico puledro nero, nitrì riconoscendolo. Fudo lo accarezzò sul muso. “Bravo il mio Nettuno. Sei stato buono mentre non c’ero eh? Non hai fatto lo scalmanato come tuo solito.” Nel dire questo, Fudo prese in mano uno zuccherino e lo fece mangiare all’animale. Poi lanciò una delle due selle ad Hanuman. “Dai. Sellati un bashan. Prendi quello che preferisci.” Mentre Hanuman sceglieva il suo bashan, Fudo sellò Nettuno. La scelta di Hanuman, invece, cadde su un magnifico stallone bianco. I suoi occhi erano azzurri come il mare. Fudo, che intanto era montato in sella, si avvicinò a Hanuman. “Attento. Quello è Tornado. E’ stato catturato pochi giorni fa, ma nessuno è ancora riuscito a domarlo. Ti disarcionerà non appena tenterai di montarlo.” Hanuman sorrise al suo vecchio compagno. Poi guardò il bashan. Dritto negli occhi. Lo accarezzò sul muso. “Non credo che lo farà.” Disse rivolto a Fudo. Poi, rivolgendosi all’animale “Vero, Antares?” Fudo guardò Hanuman con una faccia tra lo stupito e il divertito. “Guarda che quel bashan, si chiama Tornado.” Hanuman sorrise di nuovo a Fudo. “No. Si chiama Antares. Me lo ha detto lui…” Fudo osservò mentre Hanuman continuava ad accarezzare il cavallo. Poi ricordò che, per qualche strana ragione, Hanuman aveva una certa affinità con gli animali. Fece spallucce, e si avviò fuori dal cancello. Hanuman montò in groppa ad Antares, senza sella e senza briglie. Il bashan uscì docilmente dalla stalla, seguendo Nettuno e Fudo. Quando questi si voltò, non riusciva a credere ai propri occhi. I due si avviarono. Uscirono dalla città dall’uscita posteriore. Le guardie, riconoscendo il conestabile, alzarono le lance, lasciando passare Fudo e Hanuman. Si incamminarono lungo la strada principale per qualche chilometro, poi, svoltarono in uuna stretta stradina che si inerpicava su per una collina. Il cartello, che indicava la direzione, recava una scritta. Hanuman la lesse: “Ranch Fudo”, scritto in Alteano. Cavalcarono per un’ora prima di giungere ad un vasto allevamento di bestiame, in cima alla collina. Guardando in basso, Hanuman notò che da lì aveva la visuale completa di tutta la città. Nel recinto pascolavano degli animali molto simili ai buoi terrestri. Avevano tre corna. Due lunghe e ricurve ai lati, uno, piu corto, al centro della fronte. I due uomini smontarono dalle loro cavalcature. Hanuman accarezzò Antares, ringraziandolo per il servizio reso, quasi a volergli dire che, svolto il suo compito, poteva tornare ad essere libero. Invece, il Bashan bianco si affiancò a Nettuno all’abbeveratoio, dove Fudo intanto lo aveva sistemato. Un gruppo di una decina di bambini, si avvicinò vociando. “Papà Fudo. E’ tornato papà Fudo.” Fudo si fece loro incontro, sorridendo. “Buongiorno bambini.” Hanuman rimase interdetto. Papà Fudo? Possibile che quei marmocchi fossero davvero i figli di Wuneng? I bambini intanto, si assieparono attorno a Fudo, pretendendo ciascuno per se, un abbraccio. Fudo, ridendo, li abbracciò tutti insieme. “Ciao bambini. Hehehehe. Avete fatto i bravi?” I bambini risposero tutti in coro “Siiii.” Solo dopo essersi staccati dal loro ‘padre’, i piccoli si accorsero della presenza di Hanuman. “E quello chi è?” chiese il più piccolo tra tutti. I bambini guardarono Hanuman con occhi sospettosi. Poi si misero a ridere. “Pettinato così…sembra prorio una scimmia. Hahahahahaha.” Una bambina bionda di dodici, forse 13 anni, la più grande del gruppo, si fece avanti ad osservare meglio Hanuman. “Ma, con quella coroncina d’oro in testa….assomiglia proprio a Jan Kugo (pronuncia Gian Kugo)” Il gruppo di bambini osservò meglio. “E’ vero, è vero. Jan Kugo, Jan Kugo.” Hanuman sorrise ai bambini, imbarazzato, mentre questi gli facevano festa. Poi, Fudo intervenne a far cessare il brusio. “Su, bambini. Ora lasciate in pace il signore. Lui e papà devono discutere di cose importanti. La mamma dov’è?” La mamma? Hanuman era sempre piu interdetto. Wuneng, dunque, era davvero sposato? La ragazzina bionda di 13 anni rispose alla domanda di Fudo. “E’ in casa. Sta preparando la cena.” Fudo sorrise di nuovo. “Allora, su! Correte ad aiutarla. Forza, forza forza.!” Il gruppo di bambini, guidato dalla più grande, cominciò a correre, in direzione della casa, distante un centinaio di metri, sotto lo sguardo attento di Fudo. Hanuman si rivolse al vecchio compagno: “Cos’è questa storia?” Fudo si rivolse a lui sorridendo. “Devi sapere che il nostro viaggio al Daiousei, è ormai diventato una leggenda in tutte le galassie. Naturalmente, data la differenza tra la varie culture, su ogni pianeta, i “protagonisti” della storia hanno nomi diversi. Qui su Altea, i tre eroi che accompagnarono la valorosa principessa al centro dell’universo, sono chiamati Jan Kugo, che saresti tu, Don Hakka, che sarei io e Sir Jogo…” “Che sarebbe Wujing…” lo interruppe Hanuman. “Già…” rispose secco Fudo. Per alcuni brevi istanti nessuno dei due parlò. Fu Hanuman a parlare di nuovo per primo. “Senti, ma tutti quei bambini….sono figli tuoi?” Fudo lo guardò e rise piano. “Certo che no. I più grandicelli sono i figli di mia moglie. Mentre gli altri sono tutti orfani che noi abbiamo adottato e che vivono qui.” Hanuman lo guardò stupito. “Tu…sei sposato? E tua moglie sà…” “Che sono un cyborg?” lo interruppe Fudo. “Certo che lo sa. Ti pare che potrei nasconderle una cosa del genere?” Hanuman lo guardò, ancora più stupito. Fu Fudo a parlare, notando la perplessità dell’amico. “Vedi, Hanuman, per lei non ha importanza che io sia cyborg o umano. Ci vogliamo bene. E questa è l’unica cosa che conta. I marmocchi….beh….quando ci siamo conosciuti lei era sola….e con quattro figli da allevare. Quando sono arrivato qui…non era molto ben vista in città….sai…correva voce che i figli li avesse avuti senza essere sposata.” “Ed era vero?” gli chiese Hanuman, incuriosito. “Si. Ma Olga è una brava donna che non ha mai fatto del male a nessuno, e ha sempre lavorato per mantenere i piccoli. Ma nella società di Altea, avere figli fuori dal matrimonio….equivale ad essere dei reietti.” “E….questo posto…è tuo?” gli chiese Hanuman, ancora più incuriosito. “Si. La terra che vedi qui attorno è tutta mia per un raggio di qualche miglio. Quando sono arrivato qui…ero stanco di battaglie. Ero determinato a rifarmi una vita, a costruirmi una piccola casa tutta per me. Volevo metter in piedi un ranch o una fattoria. Eccola. E’ questa.” “Come hai fatto a guadagnare cosi tanto da poterti permettere un terreno così vasto?” Fudo sorrise. “Ho barato.” Hanuman lo guardò interdetto. “Come hai barato?” “Sul lavoro. Ho fatto i mestieri piu disparati: boscaiolo, falegname, fabbro….di tutto….e ho sfruttato le mie qualità di cyborg per lavorare quanto piu potevo. Di giorno, di notte…non c’è lavoro che io non abbia fatto. E lavorando un po’ qua e un po’ là, e cambiando spesso città, nessuno si è accorto di nulla. E così, mi sono presto arricchito. E ho potuto comprare questi terreni.” Fudo fece una pausa. “Quando venni qui, Olga e i suoi quattro figli vivevano qui in una piccola casa, in un piccolo appezzamento di terreno che ho poi comprato. E gli altri bambini….sono orfani che non avevano un posto dove stare…e che abbiamo deciso di prendere con noi. E quando dovrò andarmene di qui, ho già sistemato in modo che tutti i terreni restino a questi bambini.” Hanuman sorrise e pensò tra se “Il solito Wuneng dal cuore d’oro…” Poi dopo un attimo di riflessione, Hanuman fece ancora una domanda. “Come mai ti chiamano Fudo?” Il corpulento cyborg sorrise “Nella loro lingua significa ‘l’incorruttibile’. Perché non mi sono mai piegato alle logiche dei grandi proprietari terrieri. Ho sempre fatto a modo mio, e nel rispetto delle leggi di Altea. E questo, a molti, non è mai andato giù.” Fudo fece una pausa. “E’ stata la popolazione ad affidarmi l’incarico di conestabile…proprio per i motivi che ti ho appena spiegato. Ce la metto tutta, per non deludere le loro aspettattive, ma a volte è davvero dura.” Mentre parlavano, i due uomini erano giunti all’ ingresso della casa. Fudo aprì la porta, invitando Hanuman ad entrare. Trenta bambini si assieparono alla porta, per abbracciare il loro padre, vociando e schiamazzando. Fudo cadde a terra, tanta era la foga con cui lo avevano ‘salutato’ Poi, una donna bionda, piuttosto corpulenta, e vestita di quello che sembrava un antico kimono giapponese da contadini, si diresse all’uscio. Con voce ferma disse. “Bambini! Cos’è questo chiasso! Tornate tutti a tavola su….!” Uno spaesato Fudo si alzò da terra, mentre la massiccia donna gli andò incontro. Dopo avergli dato un bacio sulla guancia disse: “Bentornato a casa, tesoro.” Hanuman, sullo stipite della porta, non riusciva a credere a quello che aveva appena visto.

Capitolo 34

La casa dove Fudo abitava con la moglie e i figli era una bella casa signorile a due piani costruita in cemento. Al piano inferiore, superato l’ampio porticato, si entrava in un grande salotto, dove erano disposti divani e poltrone. Oltrepassato il salotto, si entrava in cucina, un vasto ambiente dotato di tutti i le suppellettili necessarie a una moderna cucina, e di una enorme tavolata, dato il numero non indifferente di ospiti che occupava la casa. Al piano superiore, vi erano le camere da letto e cinque bagni. Oltre alla stanza principale, dove dormivano Fudo e la moglie Olga, vi erano altresi dieci stanze da tre letti ciascuna, dove dormivano i bambini, e due stanze per gli ospiti. Era evidente il fatto che la casa era stata ristrutturata ed ampliata col tempo. Dietro ad essa vi era un capanno, dove venivano riposti i vari attrezzi usati da Fudo per il suo lavoro di allevatore. “Dai, entra.” Disse il corpulento cyborg al suo antico compagno, mentre i bambini, dalla cucina si riversarono tutti in salotto per vedere il misterioso ospite che assomigliava cosi tanto a Jan Kugo. A nulla valsero le proteste e le rimostranze di Olga. La curiosità per Hanuman era troppo grande. Fu Fudo a introdurre il suo vecchio compagno alla famiglia: “Ragazzi, questo signore è Hanuman, un grande amico di vostro padre. Salutatelo come si deve, su.” Tutti e trenta i bambini si esibirono in un inchino e salutarono tutti in coro. “Buongiorno signor Hanuman, e benvenuto tra noi.” Hanuman, ancora in preda allo stupore, non poté far altro che sorridere delicatamente a quella tribu di marmocchi e ricambiare il loro saluto. “Buongiorno, bambini. Piacere di conoscervi.” Subito dopo, però si rivolse a Fudo cercando di non farsi sentire dagli altri. “Wuneng, non possiamo perdere altro tempo. La persona che viaggiava con me è davvero molto importante. Dobbiamo sbrigarci a ritrovarla. Abbiamo un appuntamento su Fleed al quale non possiamo mancare.” Sentendo nominare il pianeta Fleed, la faccia di Fudo divenne improvvisamente seria. Sapeva bene quale significato aveva il nome di quel pianeta. Anche lui era a conoscenza della profezia. Si rivolse alla moglie: “Olga, manca ancora molto al pranzo?” La moglie gli rispose dalla cucina: “Sarà pronto tra una mezz’oretta, tesoro.” “Va bene – rispose Fudo – Allora nel frattempo io e il mio amico andiamo un attimo nel mio studio. Dobbiamo discutere di cose molto urgenti.” Poi fece cenno a Hanuman di seguirlo. I due cyborg uscirono dalla casa e si diressero verso il capanno degli attrezzi. Vi entrarono. Alle pareti erano appesi attrezzi di ogni tipo, mentre un grosso bancone da lavoro troneggiava poggiato alla parete più grande. Fudo cercò un pulsante nascosto in uno dei cassetti del bancone e lo premette. Una botola si scoprì al centro della stanza e si aprì, rivelando una scala che conduceva in basso. Fudo vi entrò e fece cenno a Hanuman di seguirlo. Hanuman lo fece. Scesero le scale mentre la botola si richiudeva sopra le loro teste. Terminata la rampa di scale giunsero in un piccolo ambiente quadrato. Hanuman notò, parcheggiato proprio nel mezzo, il Mole Cloud, il veicolo personale di Wuneng. La sua armatura verde era invece appoggiata ad un manichino a sua volta poggiato sul muro. Sia il veicolo sia l’armatura erano entrambi in perfetto stato, segno che Fudo eseguiva spesso delle manutenzioni. Alla parete vi era un grosso computer, con al centro un piccolo monitor. In un angolo, un piccolo divano ed una poltroncina erano sistemati ad angolo uno rispetto all’altro, in modo che due persone potessero parlare guardandosi in faccia. Fudo si sedette sul divanetto. Parlò. “Ultimamente circolano strane voci in città. Pare che sulle montagne si nascondano dei diavoli. Ogni tanto scendono nei boschi ad ovest e rapinano e uccidono i viandanti di passaggio. Non paghi, rapiscono pure le giovani donne che si trovano a transitare da quelle parti. Purtroppo quel sentiero è un passaggio obbligato per arrivare qui dalla capitale.” Fudo fece una pausa. “Non ho mai creduto a questa storia dei diavoli, così ho cercato di farmeli descrivere per bene da un paio di persone che hanno avuto la fortuna di sopravvivere a una loro razzia.” Mentre Fudo parlava, il computer dietro di loro emise un ticchettio. Da una fessura uscirono alcune foto. Fudo si alzò e le prese, poi le porse ad Hanuman. “Credo che i responsabili siano questi farabutti qui.” Disse Fudo. Hanuman guardò attentamente la foto. Ritraevano degli esseri che camminavano eretti come esseri umani. Ma le facce ricordavano piuttosto dei ramarri. Gli arti avevano tre dita ciascuno, sia le “mani”, prensili, che i piedi. La pelle era di un colore rossastro. Hanuman esclamò con orrore: “Androsauri!” Fudo lo guardò. “Ultimamente, avevo sentito che si aggiravano da queste parti. A quanto pare le voci erano vere.” Hanuman buttò a terra le foto, rabbioso. Gli Androsauri erano gli esseri più infidi dell’universo. Per denaro erano capaci di tutto. Durante il suo girovagare per le galassie aveva piu volte avuto a che fare con loro. Avevano le mani in pasta in tutto: commercio di schiavi, di droghe, di armi, contrabbando di organi, traffico di specie protette, pirateria….non c’era pianeta dove gli androsauri non avessero combinato qualcosa. Fudo riprese a parlare, calmo. “Il re di questo paese, Alfor, appartiene alla civiltà aliena che ha donato ad Altea la tecnologia di cui dispone. Anche lui era a conoscenza della presenza degli Androsauri qui. Per questo abbiamo elaborato un piano. Un suo agente dovrebbe essere già riuscito ad intrufolarsi nella loro base. Aspetto da lei la comunicazione delle coordinate. Ma finora non ho ancora ricevuto nulla.” “Da lei?” disse Hanuman, stupito. “Cioè, l’agente di re Alfor è una donna?” Fudo lo guardò, con lo sguardo preoccupato. “Si tratta di sua figlia, la prinicpessa Farah.” Hanuman guardò Fudo, meravigliato. “Come mai il re ha mandato proprio sua figlia ad affrontare una missione cosi pericolosa?” chiese. “E’ stata la stessa principessa Farah a voler prendere parte a questa missione. Anche se è una principessa, è un’ottima guerriera. E poi, a quanto pare gli Androsauri sono a caccia di donne, qui su Altea. Quindi, mandare un’agente donna era l’unica soluzione possibile.” Hanuman guardò l’amico. “Ci si può fidare di re Alfor?” Fudo annuì. “Re Alfor è un re giusto e saggio, che ha a cuore le sorti del suo popolo. E mi onora della sua fiducia. Anche se non conosce la mia vera natura.” Hanuman sorrise. Fudo si voltò verso il computer. Si accorse che una spia stava lampeggiando. “Ma porca…!” esclamò. Corse alla consolle e schiacciò un tasto. Il computer prese di nuovo a ticchettare, e questa volta sputò un foglio di carta. Fudo si voltò verso Hanuman, e con aria imbarazzata, disse: “Prima, quando ti ho stampato le foto, non mi sono accorto di aver disattivato il cicalino che segnala l’arrivo di una comunicazione. Per fortuna che ho visto la spia che lampeggiava.” Hanuman rise sommessamente. ‘Sempre il solito pasticcione di un Wuneng’ pensò tra se, divertito. Quanto erano lontani i tempi in cui Hanuman, Zhuwuneng e Shawujing viaggiavano assieme a Luda a bordo della Cosmo Queen. E quante cose erano cambiate da allora. Ripensando a quei tempi, Hanuman poteva affermare in tutta tranquillità che era stato il periodo più bello di tutta la sua vita. Ma vedendo Wuneng e la sua meravigliosa “famiglia”, aveva capito che tante cose che lui considerava impossibili, non avevano, invece, alcuna importanza. Avrebbe parlato con Luda, appena fosse tornato al Daiousei. Ma ora come ora, la cosa più importante era ritrovare Hikaru Makiba e portarla sana e salva su Fleed. Fudo lesse il foglio. Si rivolse ad Hanuman. “Ci siamo. Ecco le coordinate dove si nascondono quei bastardi. Molto bene. Hanuman. Agiremo stanotte. Ora andiamo a mangiare. E poi recupererai la tua armatura e il tuo Star Cloud. Ho un piano.”

Un punto non ben precisato delle montagne ad Ovest. Una astronave di medie dimensioni, la cui polena assomigliava alla testa di un enorme rettile, stazionava in una piccola valle nascosta. Nella sala comandi, un robusto uomo rettile era seduto sulla poltrona del comandante. Costui, più che un ramarro, ricordava, nell’aspetto, un allosauro. Indossava un senzamaniche nero ed un paio di pantaloni, neri pure essi, che gli arrivavano fino alla “caviglia”. Tamburellava pensieroso, il suo dito artigliato contro il bracciolo della poltrona. Ormai il suo compito su Altea poteva dirsi praticamente terminato. La caccia era stata davvero buona. Oltre alle solite ragazze di media qualità, era riuscito a cattturarne alcuni esemplari davvero pregiati, probabilmente di famiglia nobile, che avrebbe rivenduto a caro prezzo al mercato delle schiave. Si era servito di quelllo stupido e avido oste per avere informazioni sui viandanti e sui percorsi che avrebbero fatto durante il loro viaggio, e si era pure fatto indicare quali erano le prede migliori in città. E l’ultima ragazza, quella che Daston stesso gli aveva consegnato, era davvero merce rara. Una terrestre, niente meno. Conosceva un mercante che glie l’avrebbe pagata a peso d’oro. Le terrestri erano note in tutta la galassia per la loro robustezza e fertilità. Quello sciocco di Daston non si era nemmeno accorto di cosa avesse sottomano. Tutto sommato il prezzo era stato anche piuttosto basso. La moneta Alteana non valeva un granché. Certo, avevano dovuto usare un bel po’ di energia per stordire il cyborg che l’accompagnava. Un cyborg davvero tosto. Raramente ne aveva visti di cosi resistenti. Chi lo aveva costruito doveva essere un genio. Comunque, il compenso per la terrestre lo avrebbe ampiamente ripagato dell’energia consumata. Entro un paio di giorni sarebbero ripartiti. Ormai il loro lavoro li era terminato. Un urlo, proveniente dall’altroparlante distrasse il comandante Allox dai suoi pensieri. Riconobbe la voce di uno dei suoi sottoposti Androsauri. Allox non era uno di loro. Apparteneva ad una razza diversa. Più forte, piu robusta, piu determinata. Una razza che discendeva direttamente dai grandi dinosauri carnivori. Non amava particolarmente quei ramarri degli Androsauri, ma era l’unico equipaggio che aveva trovato, e doveva fare di necessità virtù. Un altro urlo. Stavolta, il capitano Allox si alzò dalla poltrona. “Allora, si può sapere che diavolo succede?”

La zona delle stive dell’astronave degli Androsauri. Hikaru si era svegliata con una strana sensazione. Come di venire trascinata da due uomini. Ma era impossibile. Lei era con Hanuman. E si erano fermati in quella locanda. Avrebbe dovuto essere nel suo letto, non trascinata verso un posto che lei nemmeno conosceva. La ragazza aprì finalmente gli occhi, e si accorse che non era stata solo una sensazione. Stava davvero venendo trascinata. Verso una larga porta d’acciaio. Guardò dapprima alla sua destra, poi alla sua sinistra. Coloro che la stavano trascinando sembravano dei ramarri umani. La loro pelle era rossatsra, e indossavano quella che sembrava una strana uniforme, pure essa di colore rosso, composta da casacca e pantaloni. Per certi versi assomigliavano agli uomini rettile che avevano combattuto contro Getter Robot. Hikaru non li aveva mai visti dal vivo, ma ne aveva visto alcune foto negli archivi informatici del Laboratorio per le Ricerche Spaziali. Allo sbigottimento, seguì la paura. Hikaru si divincolò immediatamente dai due individui. Indietreggiò di qualche passo. I due uomini ramarro si accorsero che la ragazza si era svegliata e che stava loro sfuggendo. Il primo si avventò su di lei, gli arti protesi per afferrarla. Nonostante lo smarrimento, Hikaru non perse la calma. Afferrò il braccio del rettile, e con una perfetta mossa di judo, usò lo slancio del suo avversario per farlo passare sopra di se e lanciarlo a terra. Una mossa basilare, che aveva imparato durante i pochi allenamenti che aveva fatto insieme a Jun Honoo e a Sayaka Yumi, e che pensava non avrebbe mai usato. Appena il rettile cadde a terra, Hikaru gli assestò un calcio nello stomaco, facedolgli perdere definitivamente i sensi. Si accorse che l’altro rettile stava estraendo qualcosa da una specie di fondina che portava allacciata alla vita. Probabilmente un’arma. Hikaru agì d’istinto. Era sempre stata brava in ginnastica aritstica. Eseguì una perfetta ruota, puntandosi con le mani al suolo. Una capriola. Due. Il rettile, che aveva estratto una specie di pistola, non ebbe il tempo di mirare. La terza capriola di Hikaru terminò con un piede sul mento del secondo rettile, che cadde all’indietro, mollando l’arma. Hikaru la afferrò e dopo aver constatato che si trattava di una pistola laser, colpì la testa del rettile con il calcio dell’arma, spedendo anche lui nel mondo dei sogni. Solo allora si accorse che era ancora abbigliata del pigiama che aveva usato per dormire. Si guardò intorno. Era evidente che si trovava a bordo di una astronave. I lunghi e bassi corridoi, costellati di porte metalliche lo indicavano chiaramente. E il fatto che indossasse ancora il pigiama indicava che era stata, molto probabilmente, prelevata e portata li durante il sonno. Ma come avevano fatto a neutralizzare Hanuman? Il cyborg non avrebbe mai permesso che la portassero via. Di questo era sicura. Probabilmente i rapitori disponevano di mezzi tecnologici notevoli. Una porta in fondo al corridoio si aprì. Una squadra di cinque o sei rettili si immise nel corridoio. Evidentemente uno dei due che la stavano trascinando aveva dato l’allarme. Hikaru non si perse d’animo. Si appiattì dietro una sporgenza. Osservò l’arma che ancora aveva in pugno. Non sembrava difficile da usare. Una pistola era pur sempre una pistola, da qualsiasi parte dell’universo provenisse. Riconobbe una specie di sicura e il meccanismo per sparare. La sicura sembrava disinserita. La ragazza puntò l’arma e sparò. Uno dei rettili cadde. Subito dopo, numerose raffiche si diressero nella sua direzione. Gli altri rettili avevano contrattaccato. Hikaru si appiattì più che potè contro la stretta sporgenza della parte, per non essere colpita. Quando le raffiche cessarono per qualche istante, Hikaru si affacciò di nuovo e sparò, alla cieca stavolta. Subito ricominciarono a piovere raffiche di laser. Poi di nuovo la calma. Hikaru udì distintamente una delle porte del corridoio che si stava aprendo. Poi, una voce gutturale, che sembrava un ruggito. Non ci furono più raffiche. Hikaru si affacciò di nuovo per vedere cosa stesse succedendo. Un robusto uomo rettile, completamente diverso dagli altri, stava avanzando verso di lei, mentre gli altri erano assiepati in fondo al corridoio. Dall’espressione del suo muso sembrava quasi che stesse ridendo. A differenza dei normali uomini rettile, che assomigliavano a ramarri, questo era decisamente più grosso, e, vedendolo, si sarebbe potuto dire che era un allosauro umano. Hikaru puntò l’arma che aveva in mano e sparò. Il raggio laser si infranse sul corpo dell’allosauro, senza produrre alcun effetto. La ragazza sparò di nuovo. Ancora nessun effetto. E stavolta l’allosauro era vicino. Terribilmente vicino. Hikaru tentò il tutto per tutto. Un terzo colpo. Prolungato. Ma anche stavolta, l’allosauro sembrò non subire alcun effetto. E ora era proprio davanti a lei. Alto, imponente. La paura si dipinse sul volto di Hikaru. Gli allosauri erano notoriamente carnivori. Da un momento all’altro le fauci di quell’essere sarebbero penetrate nelle sue carni. Non successe nulla di tutto ciò. L’allosauro si limitò a strapparle di mano la pistola laser. La strinse nel suo pugno, piegandola, rendendola definitivamente inutilizzabile. Poi strinse la sua “mano” a pugno, e colpì Hikaru allo stomaco. Fu un dolore fortissimo, per la ragazza. Come se un’automobile fosse appena passata sul suo stomaco. Poi, il buio. Hikaru si accasciò a terra e perse i sensi.

Il capitano Allox si rivolse ai suoi sottoposti: “Branco di inetti. Non siete nemmeno capaci di tenere a bada una piccola femmina umana come questa. Vergognatevi.!” Uno dei due ramarri che Hikaru aveva “steso” prima tentò di giustificarsi. “Ma capitano….” Allox lo guardò come se volesse sbranarlo sul momento. “Silenzio! Siete solo degli incapaci. D’altronde, me lo dovevo aspettare. Siete degli stupidissimi Androsauri.” Una espressione di livore si dipinse su quasi tutti i ramarri presenti in sala. Allox non era mai stato tenero con loro. Anni e anni di frustrazioni e rabbia si leggevano chiaramente sui volti degli Androsauri. Allox si rivolse di nuovo ai soldati. “Ora mettete questa femmina umana insieme alle altre. E continuate il vostro lavoro. E se ci saranno altri contrattempi, sappiate che stasera pasteggerò con le vostre carni. Mi sono spiegato?” L’espressione di odio, che i ramarri avevano assunto prima, si trasformò immediatamente in espressione di terrore. Sapevano benissimo di cosa erano capaci i dinosauri carnivori come Allox. Raccolsero Hikaru da terra e aprirono una delle enormi porte d’acciaio del corridoio. Vi entrarono. Nel vasto ambiente, sedute, vi erano numerose ragazze: le vittime, rapite nei mesi precedenti. Gli Androsauri depositarono Hikaru a terra e poi uscirono dalla stanza. La porta si richiuse dietro di loro.

Capitolo 35

Hikaru si svegliò di soprassalto. Si sentiva osservata. Fece un balzo all’indietro. Ricordò gli avvenimenti delle ultime ore. Il risveglio in quella strana astronave, e poi la successiva cattura da parte degli uomini ramarro. Non sapeva chi si sarebbe trovata di fronte. Si mise in posizione di combattimento, sperando che le poche nozioni di judo imparate da Jun Honoo sarebbero servite anche stavolta. Ma non erano uomini rettile quelli che aveva di fronte. Era una ragazza bionda, più o meno della sua stessa età. Indossava un lungo abito rosa, finemente ricamato e in testa portava una specie di coroncina argentata. Hikaru si guardò intorno. Nel vasto spazio, sedute per terra o appoggiate alla parete, vi erano altre ragazze. I loro volti esprimevano paura, disperazione, angoscia. I sentimenti di chi non sa quale sia il suo destino. Di tutte, solo la ragazza bionda e quattro altre, indossavano abiti eleganti. La maggior parte, indossava abiti decisamente poveri, o al massimo di media qualità. Dovevano essere contadine, o comunque appartenenti alla popolazione normale. La ragazza bionda, allungo le mani, facendo vedere i palmi. “Stai calma – disse con voce rassicurante – nessuna di noi ti farà del male.” Hikaru rimase ancora in posizione di combattimento. Non si fidava ancora di chi aveva davanti. Guardò la ragazza bionda negli occhi. Le sue puplle erano di un color blu intenso. Sembrava che lo stesso oceano avesse infuso la sua essenza in quegli occhi. La diffidenza di Hikaru cominciò a svanire piano piano. “Chi sei?” le chiese con gentilezza, ma mantenendo la voce ferma. La ragazza bionda rispose: “Mi chiamo Farah, e come te sono stata catturata da questi farabutti.” La voce di Farah era calma, tranquilla, ma piena di sicurezza. Hikaru si guardò ancora intorno. Non vi era dubbio che erano tutte prigioniere di quei ramarri. Si rilassò. Per il momento non correva alcun pericolo. “Devi scusarmi – disse – ma in questi due giorni le sorprese sono state davvero troppe. Ieri mi sono addormentata in una stanza di locanda, e quando mi sono risvegliata, due uomini ramarro mi stavano trascinando. Sono stata stordita mentre cercavo di scappare, e non mi ero resa conto di dove mi trovavo quando mi sono risvegliata.” Farah sorrise. Un sorriso aperto, caldo. “Non devi scusarti. Avrei reagito esattamente come te, trovandomi al tuo posto.” Hikaru sorrise a Farah, le tese la mano. “Mi chiamo Hikaru Makiba.” Le due ragazze si strinsero la mano. “Hikaru…che strano nome. Tu non sei di qui, vero?” chiese Farah, incuriosita. Hikaru decise di confidare tutto alla sua compagna di sventura. Non sapeva perché, ma sentiva, nel profondo del suo essere, che di lei si poteva fidare. “No, infatti. Vengo dalla Terra.” Farah guardò Hikaru stupita. “Dalla Terra? Ma è un sistema stellare lontanissimo dal nostro. Come hai fatto ad arrivare fin qui?” chiese. Hikaru si stupì che Farah parlasse di “sistema stellare”. Evidentemente quella ragazza era molto più di quello che sembrava. Ma Hikaru, ancora non sapeva per quale ragione, continuava a nutrire fiducia in lei. “Non viaggiavo sola. Ero insieme ad un cyborg di nome Hanuman. Viaggiavamo sul suo veicolo. Eravamo diretti a Fleed.” “Fleed?” chiese Farah, stupita. “Fleed hai detto…e tu provieni dalla Terra? Allora conosci Grendizer, il Re dello Spazio?” Questa volta fu il turno di Hikaru di rimanere stupita. “Come fai a conoscere Grendizer?” “Il Re dello Spazio è ormai leggenda in tutte le galassie, benché sia storia molto recente. Tutti conoscono la leggenda del valoroso principe che si erse a difesa della Terra con il suo robot, e dei tre compagni che lo aiutarono nell’impresa.” Hikaru sorrise, sorpresa. “Io ero una dei tre. Pilotavo il Marin Spacer, il veicolo subacqueo.” Farah guardò Hikaru dritto negli occhi. E capì che stava dicendo la verità. “Non ci posso credere. Ragazze. Abbiamo qui una pilota delle leggende.” Nel sentire questa cosa, tutte le altre ragazze alzarono lo sguardo, rivolgendolo verso Hikaru. Si alzò un brusio di voci sommesse, di ragazze che bisbigliavano tra loro. Gli sguardi ora erano carichi di speranza. Una pilota delle leggende. Se davvero era così, sarebbero presto state salvate. Farah si rivolse a Hikaru, sottovoce. “Spero che mi perdonerai. Ma queste ragazze avevano bisogno di un po’ di incoraggiamento. Le hai viste anche tu.” “Non devi scusarti – disse Hikaru – ma la mia presenza qui non cambia nulla. Non abbiamo armi, non possiamo uscire di qui.” In quel momento, una della ragazze vestite più elegantemente, si avvicinò a Farah e le bisbigliò qualcosa all’orecchio. Frah annuì, poi si rivolse a Hikaru. “Siamo riuscite a contattare il conestabile Fudo e a rivelargli la posizione di questi esseri demoniaci. Se le cose vanno come penso, presto saremo libere.” “Chi è il conestabile Fudo?” chiese Hikaru. “Un uomo di fiducia del re, mio padre. Un tipo in gamba, anche se un po’ pasticcione. Abbiamo un piano.” Dicendo questo Farah si alzò. Le altre ragazze la raggiunsero. Cominciarono a togliersi gli abiti eleganti. Man mano che i capi scesero a terra, rivelarono un secondo abito, decisamente piu adatto al combattimento. Un abito tutto scuro e molto attillato, che permetteva movimenti molto agili. E dalle pieghe degli abiti eleganti spuntarono cinque spade, dalla lama che sembrava davvero molto tagliente e cinque pistole laser. Hikaru guardò le cinque donne, sorpresa. “Siete kunoichi?” chiese. “Cos’è una kuno…kuno…” chiese Farah, senza riuscire a pronunciare la parola. “Kunoichi….donne ninja….i ninja erano abilissimi ladri e spie che agivano per conto dei feudatari. Appartengono alla storia del mio paese d’origine, il Giappone.” Spiegò Hikaru, brevemente. Farah sorrise. “Qui da noi li chiamiamo ‘uomini ombra’. Comunque si, siamo donne ninja. La nostra missione è di attaccare l’astronave dall’interno, mentre Fudo la attacca dall’esterno.” “Posso fare qualcosa per aiutarvi?” chiese Hikaru. Farah le porse la sua pistola. “Difendi le altre ragazze. – disse – sicuramente quando quei rettili si troveranno a mal partito, le useranno come ostaggio. Dovrai fare in modo che non succeda loro nulla.” Hikaru prese in mano la pistola. “Contaci.” Disse, sorridendo a Farah con sicurezza. Lara, una delle cinque ragazze ninja, estrasse dall’abito che aveva appena smesso, una lunga fune, al termine del quale era fissato un piccolo gancio. Nonostante fosse molto sottile, sembrava essere una fune molto resistente. La ragazza fece roteare brevemente il gancio sopra di se, poi lo lanciò. Il gancio andò a conficcarsi in un punto preciso del soffitto: una grata quasi invisibile, mascherata dal colore della parete. La ragazza diede uno strattone. La grata cadde dal soffitto. Prontamente, un’altra delle quattro accompagnatrici di Farah, Shela, la afferrò. Non dovevano in alcun modo richiamare l’attenzione dei rettili. Intanto, Lara lanciò di nuovo la fune verso l’apertura. Il gancio si infilò in un angolo della parete. La ragazza tirò la corda per saggiarne la resistenza. Sembrava a posto. Una dopo l’altra, le quattro ragazze che accompagnavano Farah, si arrampicarono su per la fune e si infilarono nel condotto. Farah fu l’ultima a salire. Prima di scomparire definitivamente alla vista, Farah fece un cenno di saluto a Hikaru con la mano. Hikaru ricambiò. Poi, Hikaru si rivolse alle altre prigioniere. “Spostiamoci in fondo alla stanza. Se restiamo unite, sarà più difficile per loro avere la meglio.” Una dopo l’altra, le giovani donne, fino ad allora prigioniere, si alzarono dalla posizione in cui si trovavano e andarono a sietemarsi alla parete in fondo. Hikaru si mise davanti a loro, con la pistola laser di Farah spianata. Hikaru diede nuovi ordini. “Due di voi, ai lati della porta. I primi che entrano cadranno sotto i miei colpi. Dovrete raccogliere le loro armi e passarcele. E se serve non dovrete esitare a usarle. Avete capito? Chi si offre volontaria per stare alla porta?” Due ragazze brune, piuttosto robuste di corporatura si fecero avanti, e si posizionarono ai lati delle porte. Farah e le sue compagne, intanto, procedevano lungo lo stretto corridoio dell’aria condizionata. Videro un primo spiraglio di luce. Lara, che era in testa al gruppo guardò giù. Il capitano Allox, seduto nella sua poltrona, stava sorseggiando una strana bibita verdastra da un bicchiere che sembrava fatto di pietra. La ragazza comunicò lasua scoperta bisbigliando. “E’ troppo forte per noi – rispose Farah, sempre bisbigliando – Procediamo come abbiamo stabilito. Avanziamo verso la sala radio e l’armeria.” Le quattro ragazze fecero un cenno di assenso. Continuaraono a procedere ancora per un po’, finché non arrivarono ad un punto dove i corridoi si allungavano in tre direzioni. Mina, la terza ninja, che nei giorni precedenti aveva esplorato in lungo e in largo quei condotti, spiegò alle altre: “A sinistra c’è la sala radio, a destra c’è l’armeria, mentre andando dritto si arriva alla sala comandi.” Farah annuì. “Bene. Lara, Shela, voi vi occuperete della sala radio. Mina, Deidra, il vostro compito è mettere fuori uso l’armeria. Io mi occuperò della sala comandi.” Le quattro ragazze annuirono. “Bene!” risposero all’unisono. Si divisero in tre gruppi, come prestabilito. Raggiunsero le postazioni loro assegnate. Si fermarono guardando l’orologio. Presto Fudo e la sua squadra avrebbero attaccato. Tuutti e tri i gruppi prepararono l’equipaggiamento prestabilito: una maschera antigas e degli speciali proiettili che contenevano un gas molto fastidioso per i ramarri, ma assolutamente inoffensivo per gli esseri umani. Attesero ancora qualche minuto, guardando trepidamente l’orologio. Improvvisamente un tonfo scosse l’astronave. Sembrava quasi che fosse stata colpita da sotto. Era il momento. Le ragazze caricarono le pistole con i loro speciali proiettili. In pochi secondi la sala radio, l’armeria e la sala comandi, furono invase da un fumo rossastro. Le cinque ninja indossarono le maschere antigas. Sfondarono la grata e si calarono giù. Approfittando della confusione, e dello stato di sorpresa e malessere degli Androsauri, li misero KO in pochi minuti. Ora toccava a Fudo terminare l’opera.

Interludio

Negli attimi che seguirono ci fu un parapiglia totale. A un certo punto, gli Androsauri aprirono le porte della stiva dove erano tenute prigioniere le ragazze. Hikaru fece fuoco. Un paio di Androsauri caddero a terra. Subito, le due prigioniere che si erano poste ai lati della porta, raccolsero le armi. Corsero a nascondersi dietro la barricata di fortuna organizzata da Hikaru e da Farah. La stanza si riempì di fumo rosso. Un altro plotone di Androsauri, vista la mala parata, fece irruzione nella stiva. Scoppiò un conflitto a fuoco. La visibilità era terribilmente ridotta a causa del fumo. Hikaru si sporse da una delle barricate. Proprio mentre un Androsauro, poco davanti a lei, premeva il grilletto alla cieca. Un lampo squarciò il fumo. Hikaru rimase immobile. Sembrava che il tempo si fosse congelato. Poi, un rivolo di sangue le colò dalla bocca, e cadde a terra, stecchita. L'androsauro, sparando alla cieca, non si accorse di avere colpito un bersaglio. La battaglia cessò dopo pochi attimi. Hanuman e Wuneng, che nel frattempo si erano scontrati con Allox, fecero si che anche tutti gli altri Androsauri si arrendessero. Hanuman corse alla cella delle prigioniere. Ma vi giunse troppo tardi per poter fare qualsivoglia cosa per Hikaru. Il cuore, ormai, aveva cessato di battere del tutto. Il giorno dopo, alla corte di Altea, fu celebrato un funerale solenne, e a Hikaru venne consegnata la massima onoreficienza Alteana per il suo altissimo sacrificio. Ad Hanuman non rimase altro che legare la bara, tutta circondata da fiori, allo Star Cloud, e decollare. Il suo sarebbe stato davvero un triste ritorno a Fleed, e si domandava con quale coraggio avrebbe affrontato Duke Fleed, Koji e Maria per portare loro la terribile notizia.